17Settembre
Finalmente il trailer di While she was out. Ancora incerte,
invece, le notizie circa la sua distribuzione. A quanto pare in Italia sarà
distribuito dalla P.F.A.
Il formato del trailer è ancora scadente, ma almeno il trailer c'è e a quanto
pare il film è molto bello!
Recensione
in anteprima di The Burning Plain
Direttamente da Venezia arriva a Roma, in
anteprima, l'opera prima di Guillermo Arriaga "The Burning Plain" interpretato
magistralmente da Kim Basinger, Charlize Theron, Jennifer Lawrence e Joaquim de
Almeida.
Il film narra le storie interconnesse tra diversi personaggi separati dal tempo
e dallo spazio. Mariana sta cercando di rimettere in sesto le vite dei suoi
genitori. Sylvia deve affrontare un'odissea emotiva per cancellare un peccato
del suo passato. Gina e Nick formano una coppia alle prese con una relazione
clandestina, e Maria cerca di aiutare i suoi genitori a trovare redenzione.
Arriaga alla sua prima regia ci regala un film drammatico, forte e
commovente. Quattro storie apparentemente diverse, ognuna di esse dominata da un
colore. 4 colori come i 4 elementi, acqua, aria, terra e fuoco. Il fuoco è
l'elemento predominate attraverso il quale prende il via l'intera vicenda. Una
vicenda fatta di sofferenze, di dolore e tristezza. Kim Basinger e Charlize
Theron pur interpretando i ruoli di madre e figlia non appariranno mai insieme.
Kim Basinger moglie adultera dà prova di essere una grande attrice. Insieme
forte e tormentata, sofferente e innamorata. Il suo è un ruolo ben delineato e
decisamente ben recitato. Drammatico e malinconico uno dei personaggi meglio
riusciti del film. Pur non essendo più una ragazza riesce con la sua eleganza e
la sua semplicità ad essere raffinata e allo stesso tempo sexy. Sicuramente una
delle sue migliori interpretazioni.
Charlize Theron interpreta Sylvia, una 30enne autolesionista e disillusa dalla
vita con un segreto che le rende impossibile vivere a pieno la sua vita. Dopo Monster altro
ruolo scomodo per la bellissima Charlize Theron (qui in veste anche di
produttrice) che ancora una volta mette da parte gli abiti sexy e da superdiva
per calarsi in un ruolo cupo, disperato e sgraziato. E' un piacere vederla
recitare. La giovanissima Jennifer Lawrence da prova di essere una grande
promessa del cinema di domani. Anche per lei un ruolo estremamente disperato,
difficle. Il suo forse è il personaggio più sofferto, quello dai risvolti più
amari. La Lawrence riesce ad ammaliare con il suo sguardo ora freddo e
distaccato ora languido e spaesato. Intrigante.
Arriaga, come regista, mette a segno una super coppia di attrici
(Basinger/Theron) che fanno volare alto il film. Una coppia d'assi che rende
questa opera prima davvero superlativa.
Lo storia è drammatica, pessimista ma mai patetica. Il regista non vuole colpire
con la facile lacrima o con il colpo di scena, il suo intento è quello di
narrarci il viaggio nel proprio io che i personaggi del film percorrono
attraverso i 4 elementi.
Lo stile utilizzato è quello caro al regista; la storia ad incastro. 4 storie
che si avvicendano tra lo spazio ed il tempo rendendo il pathos sempre alto e
regalando allo spettatore momencati di alto cinema. Sicuramente non un film
facile, a volte un pò indigesto ma che vale la pena di esser visto soprattutto
per la prova di Kim Basinger e Charlize Theron due grandi attrici del cinema
americano.
5 Settembre
The
Burning Plain è stato presentato a Venezia il 29 Agosto ed è stato accolto con
Applausi in sala e
Recensioni positive. In Italia il film uscirà il 14 Novembre
e sarà prodotto dalla 2929 production e distribuito dalla
Medusa
Ecco come l'ha recensito Luciana Morelli:
Questa recensione, meno positiva racconta troppo della
trama è di Federico Gironi
Purtroppo The Burning Plain – esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore di Inarritu e di Le tre sepolture Guillermo Arriaga – non ha smentito ma confermato tutti i timori che covavamo alla vigilia della visione. Timori relativi al fatto che Arriaga, invece di battere i sentieri del film diretto da Tommy Lee Jones, sia come sceneggiatore che come regista, privilegiasse la via narrativa e tematica fin ora espressa nei tre film che ha realizzato con Alejandro Gonzales Inarritu.
Utilizzando nuovamente l’espediente delle storie incrociate e situate su diversi piani temporali, con The Burning Plain Arriaga realizza l’ennesimo film basato su dolori, lutti, rimorsi ed errori. Impossibile sintetizzare la trama senza spoilerare troppo: basti dire che al centro di tutto c’è Sylvia, ristoratrice dell’Oregon emotivamente danneggiata interpretata da Charlize Theron. Sylvia è in fuga da un passato travagliato e traumatico che cerca di dimenticare; un passato che riguarda e coinvolge la madre (Kim Basinger) morta tra le braccia dell’amante e che ritorna da lei sotto forma di una figlia abbandonata da neonata.
The Burning Plain
è un film che sintetizza quasi tutti i difetti di un certo pessimo tipo di
cinema contemporaneo. Un cinema furbesco e manipolatorio che vede per l’appunto
nei film di Inarritu e in
Crash
i suoi più celebri esponenti. Cominciando con la scelta oramai formalistica e
narrativamente ingiustificata delle storie incrociate (figlia a sua volta forse
dell’abusatissima teoria dei sei gradi di separazione…) e proseguendo con uno
stile retorico e solo fintamente asciutto, programmatico e meccanico - e di
conseguenza emotivamente e cinematpgraficamente inefficace – nella messa in
scena di dolori e sofferenze. In più, rispetto ad altri film del genere, quello
con cui Arriaga ha esordito nella regia ha l’aggravante di aver calcato
ulteriormente la mano sugli aspetti più ottusamente reazionari delle vicende che
racconta. Basti pensare che motore scatenante di indicibili tragedie è infatti
un tradimento, punito con la morte e portatore di complesse e moralistiche
conseguenze sulle famiglie dei defunti fedifraghi.
E conta quindi assai poco che, in conclusione, dal punto di vista prettamente
tecnico e visivo Arriaga si dimostri regista non particolarmente dotato e che
esca male dall’inevitabile confronto con Inarritu. Dal canto suo
Charlize Theron sarebbe anche bravina, ma
dovrebbe oramai spiegarci con quale criterio sceglie i suoi ruoli al cinema. Il
pubblico però ha apprezzato: non sorprende, visto che, nonostante le apparenze,
tra le aggettivazioni non certo positive attribuibili a
The Burning Plain
c’è anche quella di consolatorio nel suo ritorno ad un equilibrio figlio dello
status quo più paternalista.
Ecco cosa scrive invece Vincenzo Avagliano
Guillermo Arriaga debutta alla regia con il suo primo lungometraggio, The Burning Plain, in concorso alla Mostra, film nel quale ritroviamo tutti gli elementi distintivi dello (ex) sceneggiatore dei film di Iñarritu, da Amores Perros a Babel.
Sylvia, una straordinaria Charlize Teron, manager di un ristorante di Portland, guarda nuda fuori dalla finestra della sua stanza e vede davanti a sé il suo passato, un passato di colpa e peccato dal quale è fuggita senza mai riuscire a liberarsene. Nel suo passato c’è la morte tragica di sua madre (Kim Basinger) e del suo amante bruciati in una roulotte in mezzo al deserto del New Mexico, c’è il suo amore “sbagliato” proprio per il figlio dell’amante della madre, e c’è Maria, la figlia che ha abbandonato due giorni dopo averla partorita, cresciuta da sola in Messico col padre, pilota di aerei per la disinfestazione delle piantagioni. Come nei precedenti film da sceneggiatore, anche in questo caso ci troviamo di fronte a storie parallele che si incontrano, si sfiorano, si intrecciano indissolubilmente, con una struttura spazio-temporale del racconto complessa e non lineare. Arriaga racconta tutte queste storie attraverso una struttura solida che salta da un luogo e da un tempo all’altro con estrema delicatezza, fino all’epilogo finale in cui le diverse storie si incontrano e trovano un senso.
E’ un film questo sulla colpa e sull’autostima, sulle cicatrici del cuore che ci portiamo dentro e si tramandano di generazione in generazione, di madre in figlio. Le colpe, nella vita, possono essere bruciate o “disinfestate”, ma rimangono intatte e si trasformano in una cicatrice indelebile, proprio come quella che i due giovani amanti si procurano volontariamente per non dimenticare il giorno in cui si sono incontrati e amati. Le uniche vie di salvezza sono l’amore e il perdono, sembra suggerirci Arriaga, capaci di riconciliarci con il mondo ma prima di tutto con noi stessi. Attraverso le vicende parallele della madre e della figlia, Sylvia riuscirà alla fine del film a ritrovare la propria identità, misconosciuta e violentata, e a fare i conti con quel passato da cui era fuggita, ma soprattutto sarà capace, attraverso sua figlia Maria, di espiare le colpe derivate dal suo complesso rapporto con la madre. Il cerchio si chiude. Per rappresentare il tutto il regista è ricorso ai quattro elementi del fuoco, dell’acqua, dell’aria e della terra: le terre assolate e brucianti del Mexico e del New Mexico, riprese con campi lunghissimi, a sottolinearne la valenza di frontiera, che è dei luoghi ma anche dell’anima, delle scelte e delle conseguenze che comporta; il fuoco, rappresentato dal rogo della roulotte che è la sequenza con cui si apre il film, che brucia ma non riesce a cancellare, l’acqua che lava ma non purifica.
La regia di Arriaga è molto delicata, lontana dalla veemenza della macchina da presa di Iñarritu; la telecamera sembra accarezzare le storie e i personaggi che il regista ci presenta scavando a fondo negli sguardi, nei silenzi, nelle emozioni. Anche il montaggio presenta questa dimensione piana, il passaggio da una storia all’altra avviene non per scarti violenti, ma quasi per dissolvenza, fino ad una vera fusione, come nel finale quando, un attimo prima di entrare nella stanza d’ospedale dove è ricoverato il suo uomo, Sylvia ripercorre tutte le tappe fondamentali della sua vita, e il montaggio unisce simbolicamente tutti i protagonisti, che meditano sulla propria vita che si distende davanti al loro sguardo, dietro il vetro della finestra o oltre la portiera dell’auto. L’interpretazione di Charlize Teron e di Kim Basinger è intensa e straordinaria, piena di frasi e gesti interrotti, di non detti, come i loro personaggi, sospesi tra l’anelito di vita e il peso che comporta abbandonarsi ad essa. Dopo essersi confermato sceneggiatore di razza, Arriaga dimostra di essere anche un grande regista riuscendo a governare abilmente una storia complessa ma convincente. E, soprattutto, emozionante.
Recensione tratta dal sito del Cinematografo
All'orizzonte, un camper
abbandonato in fiamme. Una ragazza (Charlize Theron) che lavora in un ristorante
chic di Portland. Un funerale in una città sulla frontiera Usa-Messico, con un
ragazzo e un'adolescente che incrociano lo sgaurdo. Una ragazzina che vede
l'aereo del padre schiantarsi al suolo in Messico...
Che cosa cambia quando un premiato e stimato sceneggiatore esordisce alla regia?
Quasi nulla, almeno nel caso del messicano Guillermo Arriaga che, dopo la
separazione consensuale (?) dal connazionale Alejandro Gonzalez Inarritu, porta
in Concorso al Lido la sua opera prima,
The Burning
Plain. Protagonista una
tragedia bifamiliare, nelle sue molteplici conseguenze, seguita con la consueta
- vedi gli script di Amores perros, 21 grammi e Babel - struttura a incastro:
azione, tempo e luogo giostrate dalla penna di Arriaga per trarne una materia
infuocata, Burning.
Ammesso che funzioni sulla carta - troppo scoperto il salto tra passato e
presente, nonostante la giovane Mariana (Jennifer Lawrence)
rimanga (sic!) innominata per quasi un'ora - questo meccano è oggi usurato sullo
schermo, grazie anche alla fortuna dei titoli dell'accoppiata Inarritu-Arriaga.
Servirebbe per svecchiarlo - ma oggi la linearità non è già tornata a essere
l'opzione più innovativa? - una regia non subordinata alla sintassi della
sceneggiatura, capace di liberarsi dalla punteggiatura della pagina per offrire
traiettorie, squarci e sguardi di cinema per il cinema.
Ebbene, questo non avviene, nonostante la strada messa in discesa da un cast
affiatato e di livello: l'intensa Charlize Theron, nei panni di Sylvia, dal
Messico transfuga a Seattle, lasciandosi alle spalle una bambina e, invano, il
senso di colpa; Kim Basinger, prova coraggiosa e sofferta la sua, moglie
adultera e madre di famiglia alla deriva, e ancora l'ottima teen Jennifer
Lawrence, J.D. Pardo e José Maria Yazpik. Fatiche sprecate dalla ricerca di
geometrie drammaturgiche che finiscono per raffreddare le emozioni, ancora
vibranti nell'interpretazione particolare degli attori ma rese atone dal quadro
cartesiano generale: se i tasselli sono infuocati, il mosaico paga lo scotto...
Dal sito FilmUp
Alla sua prima esperienza da
regista, lo sceneggiatore messicano Guillermo Arriaga, nominato agli Oscar per "Babel",
ci regala un film commovente, denso di sentimento ed emotivamente coinvolgente.
La pellicola comincia con una roulotte in fiamme, nella vastità del deserto del
New Mexico, dove due amanti clandestini raggiungono l’eternità del loro amore,
per poi passare alla piovosa Portland dove una donna dallo sguardo triste
gestisce un ristorante con più cura di quanto non faccia con la sua stessa vita.
Ancora in New Mexico un ragazzo che seppellisce suo padre, mentre alza la terra
dell’ultimo saluto, incontra lo sguardo di una ragazza che di recente ha perso
sua madre, mentre in un campo di sorgo un piccolo aereo precipita davanti agli
occhi di una bambina innamorata del suo papà.
Quattro storie, apparentemente separate tra loro, ma fortemente incatenate,
attraverso lo spazio e il tempo, e attraverso i quattro elementi, fuoco, acqua,
terra e aria, chiave di lettura e filo conduttore di tutto il film. Ciò che si
scopre man mano che gli eventi procedono nella narrazione, è che le storie
raccontate sono le stesse, ma viste in tempi diversi e dalla prospettiva di ogni
singolo protagonista. L’evento è solo uno: la tragedia, ed è quello che l’ha
determinata e ciò che poi ha causato a costruire tutto il film. Come dice lo
stesso Arriaga, quando qualcuno racconta la storia della sua vita lo fa sempre
senza un filo logico ben preciso, passando qua e la attraverso i fatti e il
tempo, senza ordine. Ed è in questo modo che il regista ha voluto raccontare il
dramma di una donna, il rapporto con sua madre prima, e con sua figlia poi, il
disagio e desiderio di scappare da se stessa. E ci riesce pienamente, aiutato da
un cast veramente eccezionale che esprime a fondo e ritrasmette allo spettatore
tutti i sentimenti e le emozioni.
Perfetta nel suo ruolo Charlize Theron, che già in "Monster" aveva dimostrato la
sua crescita professionale, qui la riconferma e se possibile la rende ancora più
solida, così come Kim Basinger, che da al suo personaggio allo stesso tempo una
fragilità e una forza che solo l’esperienza e il talento possono permettere. Le
due splendide attrici, che hanno iniziato la loro carriera ottenendo dei ruoli
più per la bellezza che per la bravura, sono l’espressione di un Cinema
femminile che va sempre più staccandosi dal clichè della pin up che mette in
mostra le sue grazie, per dare spazio, finalmente alla recitazione, e
all’interpretazione, rendendo i personaggi più simili alla realtà. Le due
giovani protagoniste di questo film, Jennifer Lawrence e Tessa Ia, dimostrano di
voler seguire le orme delle colleghe più note, mostrando una concentrazione ed
un impegno che si trasformano in un’eccellente prova recitativa.
Altro protagonista importante del film è il paesaggio, l’ambiente che circonda i
personaggi, e che ne determina i caratteri, i sentimenti, gli umori, e che
permette, grazie all’abile fotografia di Robert Elswit e John Toll, di
trasmettere allo spettatore, tutta la gamma di emozioni che la storia racconta:
la paura, il senso di colpa, la possibilità di una seconda opportunità, la
redenzione attraverso l’amore.
La scelta narrativa di mischiare passato e presente rende la pellicola
coinvolgente, e grazie ad un montaggio perfettamente eseguito, i frammenti di
vita dei protagonisti uniti in modo quasi disordinato, contrariamente a quanto
si possa pensare, rendono il film scorrevole ed avvincente, tanto che non si
fatica ad immedesimarsi nei personaggi e seguire la loro crescita anagrafica ed
interiore.
Dal sito Mymovies
Sylvia è la responsabile di un
ristorante di lusso a Portland. È fredda e contenuta come l'ambiente che la
circonda e percossa intimamente dalle onde di un mare in perenne tempesta.
Mariana è una ragazzina che ha intrecciato una relazione con Santiago, dopo che
un rogo si è portato via il padre di lui e la madre di lei, nella deserta
pianura del New Messico. Maria è una bambina messicana che vive felice con il
padre, fino a quando un incidente non cambia improvvisamente ogni cosa.
The burning plain,
esordio alla regia dello sceneggiatore Guillermo Arriaga, confermando la sua
fedeltà a uno stile ormai codificato di racconto, ne illumina la sensibilità
introspettiva, la personalità artistica sicura, in una parola la pienezza e
l'autonomia creativa.
Nella scrittura di Arriaga –
Babel lo
testimonia - c'è sempre un momento che apre la diga e fa debordare,
inarrestabile e potente, il film-fiume. Quel momento coincide con un incontro e,
spesso, l'incontro è con uno sconosciuto, l'altro che rivela il sé. Non tanto, o
almeno non più, personaggio-funzione, ma nodo di quell'immaginaria mappa
spazio-temporale che i suoi racconti inventano con precisione e millimetrica
coerenza. Percorrendo le strade della mappa -qui circoscritta dai quattro punti
cardinali di terra, aria, acqua e fuoco- l'incidente è certo, tragico,
irreparabile. Tale che devia il percorso, cambia la vita, la re-inventa, perché
è questo il senso del suo narrare: andare ("sulla strada"), inciampare, "finire"
per vivere.
Il viaggio di Sylvia lungo la mappa della sua storia, prende l'avvio
dall'incontro con uno sconosciuto proveniente da una terra che il regista
conosce bene, il Messico, e dalla quale non ha più bisogno di allontanarsi
esageratamente. Non è il caso (come altrove) a fare da guida, piuttosto, al
contrario, la necessità. Con pochi, importanti scarti rispetto al già dato,
Arriaga dimostra di saper evitare le trappole di un sistema di scrittura che,
per quanto estensibile all'infinito, rischiava evidentemente di divenire già
gabbia.
Letteralmente patetico anche se non per questo melodrammatico,
The burning plain
è un frutto maturo. La penna, così come i personaggi, si è fermata "al limite",
un attimo dopo sarebbe scaduta nel cattivo gusto, un attimo prima il gusto non
sarebbe stato pieno.
Come già in letteratura, al posto di regia Arriaga si spinge oltre rispetto al
collega
Inarritu,
che ha portato sullo schermo le sue migliori sceneggiature: nessuna patina,
nessuna maschera sulla crudeltà dei luoghi e del cuore. Per questo,
fortunatamente, il film non è già tutto sulla carta, ma trova la sua emozione
nell'intensità richiesta agli attori.
Charlize Theron, Kim Basinger, Jennifer Lawrence, Tessa Ia. Donne, ma
soprattutto madri e figlie, perché è la "generazione" il cuore di quest'opera:
personaggi che hanno generato e sono stati generati e che, in virtù o per colpa
di ciò, generano a loro volta il film, all'interno di un progetto autoriale in
cui l'arte cerca di riprodurre il più esattamente possibile il moto della vita,
per osmosi più ancora che per mimesi. Un progetto di cui Arriaga, con questo
film, ribadisce e rivendica, appunto, la genitorialità.
Recensione di
Primissima
Recensione dal sito
Cinema.it
Recensione dal sito Non Solo Cinema
Ecco cosa pensano Jennifer Lawrence e Charlize Theron
di Kim Basinger:
Come è stato lavorare con Kim Basinger?
Jennifer Lawrence: i momenti più entusiasmanti della mia vita li ho
passati sul set con lei. Vederla lavorare è stato fantastico, come vedere Monet
dipingere un quadro. È una grande attrice sempre gentile e disponibile, è molto
concentrata e ho un rispetto enorme per lei.
Charlize Theron: fin dall'inizio abbiamo discusso su chi potesse
interpretare quel ruolo, e c'era un lungo elenco di attrici che potevano essere
adatte, ma Kim ha qualcosa, una forza, ora molto più di quando aveva 30 anni, e
insieme la vulnerabilità di una ventenne, e non si può costruire una cosa del
genere, non si può fingere. Tutti speravano volesse partecipare al film.