26Novembre
Ecco il box
office italiano di The Burning plain al suo 3° week-end di programmazione che va
dal 21/11/2008 al 23/11/2008. In totale il film incassa ben 1.205.202.3 €
Ieri
c'è stato il debutto ufficiale della figlia di Kim Basinger, Ireland. Le due
sono state, infatti, alla premiere del film Twilight che si è tenuta
venerdì 18 Novembre a Los Angeles. Per vedere le altre foto vai nella sezione
VARIE
18 Novembre
Incassi
The Burning Plain del week-end 14/16 Novembre. il film in incassa 293.380 €
posizionandosi al 9° posto dei film più visti con un incasso totale di 1.020.811
€
La fidanzata di papà
Distribuzione:
Medusa Film
Inc. week-end: €
2.559.089
Inc. Totale : €
2.559.089
1
settimane
525
schermi
Quantum of Solace
Distribuzione:
Sony Pictures Releasing
Inc. week-end: €
1.529.860
Inc. Totale : €
5.514.950
2
settimane
456
schermi
Changeling
Distribuzione:
Universal Pictures
Inc. week-end: €
1.278.969
Inc. Totale : €
1.278.969
1
settimane
299
schermi
High School Musical 3
Distribuzione:
Walt Disneyì
Inc. week-end: €
989.442
Inc. Totale : €
8.440.105
3
settimane
413
schermi
The Orphanage
Distribuzione:
Lucky Red
Inc. week-end: €
585.282
Inc. Totale : €
585.282
1
settimane
201
schermi
Awake - anestesia cosciente
Distribuzione:
Eagle Pictures
Inc. week-end: €
347.134
Inc. Totale : €
347.134
1
settimane
139
schermi
Giù al nord
Distribuzione:
Medusa Film
Inc. week-end: €
331.144
Inc. Totale : €
2.452.887
3
settimane
201
schermi
WALL•E
Distribuzione:
Walt Disney Studios Motion Pictures
Italia
Inc. week-end: €
296.144
Inc. Totale : €
8.292.270
5
settimane
190
schermi
The Burning Plain
Distribuzione:
Medusa Film
Inc. week-end: €
294.380
Inc. Totale : €
1.020.811
2
settimane
204
schermi
Si può fare
Distribuzione:
Warner Bros.
Inc. week-end: €
200.469
Inc. Totale : €
858.308
3
settimane
98
schermi
The
Informers, interpretato da Kim Basinger, Mickey Rourke, Winona Ryder, Billy
Bob Thortone e Brad Renfro, recentemente deceduto. uscirà in America il 1
Maggio 2009 e sarà diretto da Gregor Jordan
11 Novembre
Venerdì
è uscito in 216 cinema italiani The Burning Plain. Durante il suo primo week-end
di programmazione il film si è posizionato al 5° posto con un incassi di
540.152€. Ecco la classifica dei 10 film più visti nel week-end
1
Quantum of Solace
Distribuzione: Sony Pictures Releasing
Inc.
week-end: € 3.036.726
Inc. Totale : € 3.036.726
1 settimane 467 schermi
2
High School Musical 3
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion
Pictures Italia
Inc.
week-end: € 2.023.974
Inc. Totale : € 7.009.605
2 settimane 487 schermi
3
Giù
al nord
Distribuzione: Medusa Film
Inc.
week-end: € 649.228
Inc. Totale : € 1.912.219
2 settimane 312 schermi
4
WALL•E
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion
Pictures Italia
Inc.
week-end: € 555.807
Inc. Totale : € 7.828.708
4 settimane 313 schermi
5
The Burning Plain
Distribuzione: Medusa Film
Inc.
week-end: € 531.515
Inc. Totale : € 540.162
1 settimane 216 schermi
6
Tropic Thunder
Distribuzione: Universal Pictures
Inc.
week-end: € 401.470
Inc. Totale : € 3.279.312
3 settimane 192 schermi
7
Vicky Cristina Barcelona
Distribuzione: Medusa Film
Inc.
week-end: € 355.931
Inc. Totale : € 5.296.435
4 settimane 162 schermi
8
Mamma
Mia!
Distribuzione: Universal Pictures
Inc.
week-end: € 310.443
Inc. Totale : € 8.270.183
6 settimane 117 schermi
9
Pride and Glory - il prezzo dell'onore
Distribuzione: Eagle Pictures
Inc.
week-end: € 296.905
Inc. Totale : € 1.214.873
2 settimane 216 schermi
10
Un gioco da ragazze
Distribuzione: 01 Distribution
Inc.
week-end: € 250.732
Inc. Totale : € 250.732
1 settimane 173 schermi
Rassegna stampa The
Burning Plain
Paolo Merghetti
Da "Il corriere della sera"
Regista, invece, non solo
si nasce ma si diventa pure e Guillermo Arriaga, applaudito
sceneggiatore di González Iñárritu (Amores perros, 21 grammi e
Babel), sostiene il suo esame al Lido dirigendo il primo film,
che naturalmente ha anche scritto: The Burning Plain. La piana
in fiamme di cui parla il titolo è quella dove, nella prima
scena, brucia una roulotte con due amanti dentro, Gina (Kim
Basinger) e Nick (Joaquim De Almeida). Nelle due ore successive
torneremo avanti e indietro nel tempo e nello spazio per
scoprire altri personaggi: Sylvia (Charlize Theron), la
direttrice di un ristorante di Portland schiacciata da chissà
quale colpa che le impedisce di avere una relazione stabile e la
spinge ad automartoriarsi; Mariana (Jennifer Lawrence) e
Santiago (J.D. Pardo), figli rispettivamente della donna e dell'
uomo che sono bruciati nella roulotte e che cercano di capire
insieme che cosa ha spinto i genitori a tradire le loro famiglie
e a fare quella fine; Maria (Tessa Ia), che ha visto il genitore
precipitare con l' aereo che gli serviva per disinfestare i
campi. Oltre naturalmente a Gina e Nick, di cui scopriremo le
ragioni del loro amore. Come tutte queste storie finiscano per
entrare in rapporto l' una con l' altra è una sorpresa che non
bisogna rivelare. Si può dire, invece, che il tema di fondo del
film è quello delle responsabilità degli adulti verso i giovani
e di come i figli cerchino, non sempre nel modo giusto, di fare
i conti con quelle «colpe». In qualche modo era un filo rosso
già presente nelle sceneggiature scritte per González Iñárritu e
qui diventa l' ossatura di un film che ha al suo attivo una
prova convincente di tutto il cast, dove due star di Hollywood
accettano di apparire meno splendenti di quanto la natura
permetterebbe loro. Il punto debole di questa prima regia resta
invece il meccanismo degli incastri spazio-temporali, che
finisce per sovrastare tutto: serve per tener desta l'
attenzione dello spettatore fino alla, anzi alle rivelazioni
finali, ma lascia il sapore di qualche cosa di gratuito, di una
«furbizia» da sceneggiatore che finisce per mascherare una regia
niente più che corretta e scolastica. Ma è un' opera prima, e se
son rose...
Roberta Ronconi
da "Liberazione"
L'ex pugile nonché, a questo punto, ex sceneggiatore e
neo-regista Guillermo Arriaga (reso famoso dalle scritture di "Amores Perros" e
di "Babel", così come dei contorti "21 grammi" e "Le tre sepolture") non brilla
per leggerezza né tantomeno per ottimismo. E' vero che la vita di ciascuno di
noi pullula di disgrazie, ma non per questo ce le dobbiamo raccontare tutte ogni
volta. Il suo esordio alla regia ("The burning plain", ieri a Venezia in
concorso) torna sulla multi-trama alla "Babel". Tre donne di tre generazioni
(Charlize Theron, Kim Basinger e la giovane Jennifer Lawrence) si agitano nelle
loro vite parallele e contorte. Ognuna di loro nasconde nel cuore terribili
verità dettate dall'eccesso di amore. Il complesso ordito di destini si
intreccia ovviamente alla fine, con colpaccio finale capace di far tirare un
gran sospiro di sollievo al pubblico. Che finalmente capisce tutto e, prostrato
dalla tensione cerebrale, si scioglie in lacrime. Un po' "Ponti di Madison
County", un po' affresco alla Marquez, Arriaga più che debuttare sprofonda nei
suoi vecchi vizi, rispolverando un soggetto che sconta i 15 anni nel cassetto e
l'auto-remake. Così che, invece di proporci qualcosa di inedito, il cineasta
messicano finisce per propinarci una minestra riscaldata. A cui poco aggiunge la
poetica dei quattro elementi (aria, acqua fuoco, terra) di cui sembrano fatti i
paesaggi e le trame umane che li abitano. Appassionato invece lo sforzo di
aderire ai difficili personaggi delle attrici. Charlize Theron (qui anche
produttrice) si sceglie un ruolo difficile e sgraziato a cui comunica un po'
troppa fissità, mentre Kim Basinger regala ai suoi splendidi cinquant'anni uno
dei suoi ruoli migliori. Girato tra l'Oregon e i deserti del Messico, questa
"Pianura bruciante" piacerà al grande pubblico, ma molto meno alla critica
pignola come la nostra. Che infatti si agita anche per l'altro titolo ieri in
concorso, firmato dall'iraniano-franco-tedesco Barbet Schroeder. Il suo "Inju" è
un omaggio all'amato Giappone, al cinema poliziesco, a quello sui samurai e
infine alla letteratura noir di Edogawa Ranpo (l'Edgard Allan Poe d'Estremo
Oriente). Anche solo questa sfilza di commemorazioni rende l'idea del caos in
cui ci stiamo infilando.
Un giovane giallista francese (Benoit Magimel) vede il suo best seller
pubblicato in Giappone. Studioso accanito del suo rivale nipponico, Shundei Oe,
decide di recarsi a Kyoto per promuovere il suo libro e lanciare una sfida
all'oscuro e invisibile Oe. Tra teste mozzate, case abitate da fantasmi e una
misteriosa geisha (che in realtà si dice "geiko"), i due si sfideranno senza
esclusione di colpi. Il risultato è divertente, ma anche qui la presenza in
concorso ci pare ingiustificata. Al terzo giorno di gara le nostre idee sono
ancora altamente confuse e le intuizioni sul Leone assai pallide.
Roberto Silvesri da "il Manifesto"
Il deludente
The burning plain, regia modesta del pur valente e esibizionista scrittore
messicano Guillermo Arriaga (anche sceneggiatore di Babel e 21 grammi), con star
hollywoodiane (Basinger, Theron) e presuntuose ambizioni d'affresco, scomposto
come un puzzle spazio temporale. Questa love story adulterina finita
cruentamente in un rogo devastante, d'ambiente desertico e marittimo, di
sensibilità aerea e terragna, che travolge e sconquassa la psiche dei figli e
delle figlie incolpevoli, trasformandoli in assassinii delicati di adulti
sofferenti, non avrebbe trovato che nell'Iran di Khamenei accoglienza produttiva
e ricezione religiosa più entusiaste. È un film sul dolore e sull'amore visto
dall'alto, spiato, inseguito, cacciato, mai toccato perché ha perduto i suoi
luoghi e i suoi riti legittimi. Ma soprattutto è un film incapace di incidersi
sugli oggetti, di metterli in metamorfosi visiva. Tanto la scrittura pretende di
essere l'unica star.
Lietta Tornabuoni da "La Stampa"
Per un giorno (non di più, speriamo), Mostra nera, scelte
incomprensibili, film-disastro. Quando il regista di The Burning Plain (La
pianura che brucia, in concorso), il cinquantenne messicano Guillermo Arriaga
lascia capire il mix tra passato e presente, vivi e morti, ieri oggi e domani
che muove i suoi personaggi, ti viene uno scatto di nervi: «Adesso arrivi,
Arriaga, a raccontare l'ibrido cronologico delle storie?». Arriaga, ex pugile, è
alla sua prima opera come regista; è stato sceneggiatore di film apprezzati (Amores
perros, 21 grammi, Babel); ha litigato con il suo regista Alejandro Gonzalez
Inarritu; predilige le storie affastellate, con diversi personaggi ed episodi,
sentimental-melodrammatiche nella speranza che siano popolari.
Tra il deserto di Chihuahua nel Nuovo Messico e la zona costiera dell'Oregon
vicina a Portland, ha raccontato in The Burning Plain alcuni personaggi ai quali
ne capitano d'ogni genere: adolescente che ammazza col gas la madre e l'amante
della madre, bruciati vivi così strettamente uniti da dover essere separati col
coltello; Kim Basinger che non vuol essere toccata sul petto dove è stata
operata di tumore «e la cicatrice è così brutta»; un aereo per le
disinfestazioni agricole che cade, si spacca, ferisce gravemente il pilota; due
adolescenti che si fanno cicatrici col fuoco per non dimenticarsi mai uno
dell'altro; una madre che dopo dodici anni si trova di fronte alla figlia
abbandonata appena nata, e scappa via con spavento.
L'andamento del film (non la sua struttura) è tradizionale, in ogni sequenza si
fa appello alle emozioni primarie, spesso risulta tedioso. Kim Basinger,
chirurgia plastica o non chirurgia plastica, è sempre molto attraente; e
Charlize Theron, protagonista oltre che produttore esecutivo, è una delle poche
capaci di esprimere insieme dolore e sensualità; ha una bellezza commovente,
pesta e insieme aggressiva perché libera, banale e insieme rara.
Federica Lambretti Zanardi da "Il Venerdì di
Repubblica"
Per la sua prima volta da regista lo sceneggiatore dei
film di Inarritu ha scelto due grandi star (e una promessa). E racconta una
storia dolorosa e violenta. Come la sua vita da bambino a Città del Messico.
Ho voluto fare il mio primo film da regista su una storia tutta al femminile
perché sono sempre stato attratto dalla complessità psicologica delle donne. Per
anni ho anche pensato di conoscerle bene. Poi, vedendo crescere mia figlia, ho
capito che ho ancora moltissimo da imparare». Guillermo Arriaga è un uomo
allegro e spiritoso, con due occhi chiari che non lasciano immaginare gli abissi
di oscurità e dolore che riesce a raccontare nei film che ha scritto: da
21 grammi a
Babel a
Le tre sepolture. Ora, dopo
aver interrotto bruscamente il sodalizio cinematografico e umano con il regista
Alejandro Gonzalez Inarritu (pare abbiano litigato sullo paternità creativa
dello script di Babel) lo
sceneggiatore messicano, 50 anni, si cimenta nella sua prima regia.
In The Burning Plain,
presentato in concorso all'ultima Mostra di Venezia, sono analizzate tutte le
sfumature della relazione fra madre e figlia: la competizione, la gelosia, la
necessità di uccidere simbolicamente la figura materna per diventare a propria
volta madre, il senso di colpa che ne consegue. La storia raccontata con gli
sfasamenti temporali cari allo stile narrativo di Arriaga, è interpretata da tre
attrici straordinarie: Kim Basinger, che sarà per l'abilità del chirurgo
estetico o per altro, luminosïtà i suoi 54 anni e dà vita a una figura
commovente e malinconica. Charlize Theron, (qui anche produttrice) sexy perfino
quando si strazia le carni con una lametta, e l'esordiente Jennifer Lawrence,
bionda modella con futuro da star (ha vinto a Venezia il premio Mastroianni). Su
di loro aleggia ïl senso di morte e destino che attraversa i film scritti da
Arriaga.
«La figura centrale è Sylvia (Charlize Theron), sin dalla prima scena si capisce
che ha subito un danno. Nel suo passato è accaduto qualcosa che le impedisce di
perdonarsi. Un po' come il personaggio di Benicio Del Toro in
21 grammi» spiega Arriaga,
che durante tutta l'intervista si diverte a mescolare lingue diverse: spagnolo,
inglese, italiano. l danno di Sylvia è legato al rapporto con la madre (Kim
Basinger), morta quando lei era adolescente, bruciata in un camper nel deserto
stretta al suo amante. Un lutto che ha fatto di lei una donna fragile e
autolesionista che macina uomini e vuole rimuovere il passato. Il film è
raccontato come un puzzle in cui solo alla fine ogni personaggio, ogni storia
trova il suo posto. «Mi chiedono spesso perché scrivo così le mie sceneggiature.
Semplicemente racconto la vita com'è, senza darle un ordine che nella realtà non
esiste mai».
È come se Arriaga avesse un serbatoio di racconti che porta dentro sin
dall'infanzia. E ci si chiede allora da dove nasce quel senso profondo della
violenza, della sopraffazione. «Sono cresciuto a Città del Messico, in una
famiglia borghese e serena con tre fratelli, ma in un luogo in cui queste
suggestioni facevano parte della vita. Sono stato a contatto con la violenza da
quando ero bambino. A dieci anni, giocando sono caduto in una pozzanghera e ho
sporcato una ragazzina che passava dì lì. Suo fratello ha preso un bastone e mi
ha picchiato a morte. A otto anni per strada dei ragazzi più grandi per fare i
bulli mi hanno spento le sigarette sulle braccia. Poi, durante l'università, ho
avuto dei problemi cardiaci; molto gravi. Viviamo in una società in cui la morte
è rimossa: ma non possiamo davvero "sentire" la vita se non conosciamo il
rovescio della medaglia».-In The
Burning Plain il mondo interiore femminile è raccontato in modo puntuale e
commosso, gli abissi della psiche sono sondati con chiarezza e ogni filo
narrativo si dipana in una matassa alla fine ordinata. È stato tanto acuto da
premeditare questo intreccio in fase di scrittura? «Non credo di essere così
intelligente. Certo sono affascinato dalla psiche umana, tanto che mi sono
specializzato in psicologia. Però ai miei studenti dico sempre: non cercate mai
di scrivere qualcosa di profondo, raccontate una storia e basta. Se avete
qualcosa di particolare dentro, la vostra opera vi assomiglierà».
Arriaga vive in un mondo di parole, oltre le sceneggiature di film mai passati
Inosservati (nel 2005 con Le tre
sepolture ha vinto il premio miglior sceneggiatura al Festival di Cannes),
è autore di quattro romanzi (Retorno
201, Il bufalo della notte,
Un dolce odore di morte e
Pancho Villa e lo Squadrone Ghigliottina, pubblicati in Italia da Fazi).
Quando ha cominciato a scrivere? «A dieci annï, spinto dalla mia passione per le
donne. Ero romantico ma molto timido e non riuscivo a parlare con la ragazzina
che mi piaceva. Così scrivevo lettere d'amore. Molto belle. Tanto che i miei
amici mi chiedevano di scriverle per loro» Come Cyrano de Bergerac? «Pensi che
li aiuto ancora oggi. Un mio amico che frequenta le chat mi ha chiesto di
chattare al posto suo. Gli ho già "conquistato" due donne».
Adriano Ercolani da "Coming Soon"
Presentato all’ultima Mostra
del Cinema di Venezia, dove la giovane Jennifer Lawrence
ha conquistato il premio Marcello Mastroianni
come giovane promessa per il futuro, l’esordio nella regia dello
scrittore messicano Guillermo Arriaga si
presenta come un melodramma dalla fattura più che accettabile,
che ripropone gli intrecci narrativi ed i differenti piani
temporali che hanno reso famose le sceneggiature dell’autore
dirette poi da Alejandro Gonzalez Iñárritu.
Elegante nella confezione, grazie alla fotografia semplice ma
assolutamente efficace del premio Oscar Robert Elswit,
The Burning Plain
è un melodramma che gioca su molti dei luoghi comini del genere,
sfruttando appunto il fatto che i personaggi che vuole
raccontare sono in qualche modo sedimentati in questo stesso
tipo di pellicole; Arriaga in questo modo è
ancora una volta libero di sperimentare le sovrapposizioni
tematiche e temporali che tanto predilige, riuscendo però
soltanto in parte a rendere il suo film valido. Si ha infatti
l’impressione che il tipo di messa in scena più
“espressionista”, accentuato a livello visivo che Inarritu
sovrapponeva alle sue sceneggiature appariva maggiormente
funzionale al tipo di lungometraggio che si voleva realizzare.
Il film di Arriaga ha quindi la bellezza
dell’opera corretta e sufficientemente intelligente, ma più di
tanto non riesce a colpire lo spettatore a livello emozionale.
Anche il cast di interpreti principali risulta efficace, ma
tutto sommato niente a che vedere con le prove sanguigne del
trio di 21 grammi
o anche del gruppo di attori di Babel. Insomma,
alla fine Arriaga dimostra di conoscere con
pienezza la materia che tratta, ma come regista sembra avere
ancora bisogno di affinare il proprio stile personale (fosse
anche lineare e realistico, come nel caso di questo
lungometraggio) per renderlo maggiormente capace di arrivare
alla sensibilità del pubblico.
Fabio Ferzetti da "il
Messaggero"
Una baracca che brucia in
mezzo alla pianura. Una donna che va a letto con chiunque le capiti a tiro ma
per punirsi, senza un briciolo di gioia. Una figlia che inizia a scoprire
qualcosa sul padre solo dopo averlo visto quasi morire. Un’altra donna che ferma
la mano dell’amante ogni volta che si avvicina al suo seno. Un gruppo di ragazzi
in visita ai resti della baracca. «E’ qui che mio padre si incontrava con quella
puttana. Sono bruciati vivi mentre erano a letto insieme. Per staccare i corpi
hanno dovuto usare il coltello».
Chi conosce i film di Alejandro Gonzalez Iñarritu (Amores Perros, 21 grammi,
Babel), riconoscerà nel puzzle di situazioni e di sentimenti estremi di The
Burning Plain - Il confine della solitudine la mano dello sceneggiatore
Guillermo Arriaga, qui alla prima regia. È una tecnica di sicura suggestione,
anche se meno sofisticata e innovativa di quanto sembri. Si tratta di far
procedere il racconto su strade parallele, confondendo ad arte le piste e la
cronologia. Ignorare i rapporti fra le diverse piste del racconto accresce il
mistero e la tensione.
È anche una tecnica abusata. Da Altman (America oggi) a Paul Haggis (Crash), da
Tommy Lee Jones (Le tre sepolture, sempre scritto da Arriaga) a P.T.
Anderson (Magnolia), sono in molti ad aver lavorato sulla dislocazione e il
differimento del racconto. Naturalmente bisogna vedere cosa resta sul tappeto
quando poi il puzzle si ricompone. Il rischio è che il disegno finale si riveli
meno interessante dell’enigma iniziale. Come accade anche nel seducente quanto
poco convincente esordio di Arriaga, che rivernicia di nuovo sentimenti antichi
quanto il melodramma.
Che cosa sarebbe The Burning Plain senza la bellezza (e la bravura) degli
attori, cosa sarebbero le loro sofferenze senza l’incanto dei paesaggi
fotografati dal Robert Elswit del Petroliere (un incanto che sembra largamente
preesistere al film), come faremmo ad avvicinarci a questo insieme straziato di
amori e legami famigliari senza i movimenti di macchina lenti e avvolgenti con
cui Arriaga ausculta i suoi personaggi stavamo per scrivere le sue vittime?
Perché alla fine il punto è proprio qui: malgrado il pathos che sprizza
forzosamente da ogni dettaglio, su tutta questa storia di colpe e riscatti,
punizioni e autopunizioni, aleggia un vago ma persistente senso di gratuità che
dà al film una vaga coloritura sadica. Come se questi personaggi non avessero
vita propria, come tutti i veri personaggi, ma fossero “ostaggio” del film, del
suo disegno, di una logica che incombe sopra di loro dal primo all’ultimo
fotogramma finendo per schiacciarli. Come già in Babel e in 21 grammi, a ben
vedere, anche se lì a mascherare gli abusi dello script c’era ben altro regista.
Monica Cabras da "Film
UP"
Alla sua prima esperienza da regista, lo sceneggiatore
messicano Guillermo Arriaga, nominato agli Oscar per "Babel", ci regala un film
commovente, denso di sentimento ed emotivamente coinvolgente.
La pellicola comincia con una roulotte in fiamme, nella vastità del deserto del
New Mexico, dove due amanti clandestini raggiungono l’eternità del loro amore,
per poi passare alla piovosa Portland dove una donna dallo sguardo triste
gestisce un ristorante con più cura di quanto non faccia con la sua stessa vita.
Ancora in New Mexico un ragazzo che seppellisce suo padre, mentre alza la terra
dell’ultimo saluto, incontra lo sguardo di una ragazza che di recente ha perso
sua madre, mentre in un campo di sorgo un piccolo aereo precipita davanti agli
occhi di una bambina innamorata del suo papà.
Quattro storie, apparentemente separate tra loro, ma fortemente incatenate,
attraverso lo spazio e il tempo, e attraverso i quattro elementi, fuoco, acqua,
terra e aria, chiave di lettura e filo conduttore di tutto il film. Ciò che si
scopre man mano che gli eventi procedono nella narrazione, è che le storie
raccontate sono le stesse, ma viste in tempi diversi e dalla prospettiva di ogni
singolo protagonista. L’evento è solo uno: la tragedia, ed è quello che l’ha
determinata e ciò che poi ha causato a costruire tutto il film. Come dice lo
stesso Arriaga, quando qualcuno racconta la storia della sua vita lo fa sempre
senza un filo logico ben preciso, passando qua e la attraverso i fatti e il
tempo, senza ordine. Ed è in questo modo che il regista ha voluto raccontare il
dramma di una donna, il rapporto con sua madre prima, e con sua figlia poi, il
disagio e desiderio di scappare da se stessa. E ci riesce pienamente, aiutato da
un cast veramente eccezionale che esprime a fondo e ritrasmette allo spettatore
tutti i sentimenti e le emozioni.
Perfetta nel suo ruolo Charlize Theron, che già in "Monster" aveva dimostrato la
sua crescita professionale, qui la riconferma e se possibile la rende ancora più
solida, così come Kim Basinger, che da al suo personaggio allo stesso tempo una
fragilità e una forza che solo l’esperienza e il talento possono permettere. Le
due splendide attrici, che hanno iniziato la loro carriera ottenendo dei ruoli
più per la bellezza che per la bravura, sono l’espressione di un Cinema
femminile che va sempre più staccandosi dal clichè della pin up che mette in
mostra le sue grazie, per dare spazio, finalmente alla recitazione, e
all’interpretazione, rendendo i personaggi più simili alla realtà. Le due
giovani protagoniste di questo film, Jennifer Lawrence e Tessa Ia, dimostrano di
voler seguire le orme delle colleghe più note, mostrando una concentrazione ed
un impegno che si trasformano in un’eccellente prova recitativa.
Altro protagonista importante del film è il paesaggio, l’ambiente che circonda i
personaggi, e che ne determina i caratteri, i sentimenti, gli umori, e che
permette, grazie all’abile fotografia di Robert Elswit e John Toll, di
trasmettere allo spettatore, tutta la gamma di emozioni che la storia racconta:
la paura, il senso di colpa, la possibilità di una seconda opportunità, la
redenzione attraverso l’amore.
La scelta narrativa di mischiare passato e presente rende la pellicola
coinvolgente, e grazie ad un montaggio perfettamente eseguito, i frammenti di
vita dei protagonisti uniti in modo quasi disordinato, contrariamente a quanto
si possa pensare, rendono il film scorrevole ed avvincente, tanto che non si
fatica ad immedesimarsi nei personaggi e seguire la loro crescita anagrafica ed
interiore.
Paolo D'agostini da "Repubblica"
In
"The Burning Plain" un uomo e una donna sposati si amano
clandestinamente. Lei è Kim Basinger. Finiscono arrostiti in
un rogo doloso ma non è il caso di svelare per mano di chi.
Nemesi vuole che la figlia di lei e il figlio di lui, contro
tutti, si innamorino e diventino genitori bambini. Ma da
questa possibile felicità lei fugge. Nel futuro, abbastanza
anni perché l´adolescente sia diventata Charlize Theron e si
dedichi con solerzia a un sesso onnivoro e cupo, il passato
ritorna a presentare il conto, a offrire occasione di
riscatto alle colpe. Intreccio inverosimile, accettabile se
fosse un melò tradizionale, reso ostico da acrobazie di
cronologia che d´altra parte ne fanno la personalità. Sono
le stesse conosciute nei film del dotato messicano Iñarritu,
dei cui "Babel", "21 grammi" e "Amores perros" ha scritto le
sceneggiature Guillermo Arriaga, qui regista in proprio.
Asso nella manica non solo commerciale le due interpreti,
soprattutto Theron dalla quale c´è ancora da aspettarsi
grandi cose.
7 Novembre
debutta
oggi nei cinema italiani The Burning Plain. Solo a Roma è presente in ben 17
sale. Ricordo che il film oltre ad aver partecipato a Venezia 2008 è distribuito
dalla Medusa!
6 Novembre
E'finalmente
disponibile il trailer italiano di The Burning Plain
The
Burning Plain debutterà nei cinema italiani domani 7 Novembre. Ecco gli altri
film che usciranno:
Deep
Water
Frontiers
Quantum of solace
The
Burning Plain
Tiffany e i tre briganti
Un
altro pianeta
Un
gioco da ragazze
Nella sezione
spot è possibile
scaricare lo spot Antarctica beer.
Kim Basinger lo girò nel 1993 per la tv Brasiliana e fu pagata bel 600.000.000
pesetas per girare
Nella sezione
Varie, invece, è possibile leggere alcuni stralci di interviste rilasciati
da Kim Basinger in merito al film 9 settimane e mezzo e un secondo articolo che
riguarda il boom di ascolti fatto dal film per la sua prima programmazione sulle
tv italiane