Intervista per vanity Fair 2005
Prché, signora Basinger, un film sulla
paura? Perché proprio lei?
Ho avuto i miei problemi. Ma li ho combattuti, li combatto e li supero giorno
dopo giorno. Il cinema è la mia terapia: mi mette faccia a faccia con le mie
angosce. Recitare bene, ci ho messo degli anni a capirlo, significa non
dimenticare. Se metti in gioco le tue emozioni, se le condividi, il pubblico
sente che c’è un po’ di verità in quello che fai. È doloroso rivivere le brutte
esperienze, ma fa bene al mestiere, e fa bene anche a te.
Se mi avessero detto, una ventina di anni fa, quando di 9 settimane e ½
conoscevo anche la colonna sonora, che un giorno avrei risposto a questa
telefonata, con la voce che all’altro capo annuncia "Sono Kim", non ci avrei
creduto. Se ci avessi creduto, avrei immaginato una chiacchierata sulla
seduzione. Ma se è vero che a 51 anni Kim Basinger sull’argomento avrebbe ancora
molto da dire, come vedete in queste foto (e non avete sentito la voce), nel
frattempo le sono successe altre cose. Solo un anno fa, dopo una battaglia
velenosissima per ottenere la custodia della figlia Ireland, e dopo pesanti
accuse di maltrattamenti, si è concluso il divorzio dall’attore Alec Baldwin. La
pubblica esposizione delle sfortune familiari dell’attrice ha esacerbato le sue
naturali difficoltà di rapporto con il pubblico.
Kim, da sempre patologicamente timida di fronte alla gente, in questi anni ha
sofferto di attacchi di panico − causati dall’agorafobia, la paura della folla −
che l’hanno costretta a tapparsi in casa per mesi di fila. Ottenere questa
intervista non è stato facile. La nostra prima richiesta, per darvi l’idea,
risale a oltre un anno fa. Kim si è scusata per averci concesso solo una
telefonata: "Ho appena accompagnato Ireland a scuola, fra poco ho un
appuntamento per il nuovo film. Sono una madre single e lavoro, sarebbe bello
vedersi di persona, ma proprio non ce la faccio". Può darsi che sia solo questo.
Certo è che Kim non ama le interviste. Ne ha concesse poche.
Quando è stata costretta a farle dal vivo, è capitato ai giornalisti di condurre
tutta la conversazione senza vederle gli occhi, perché lei li teneva tappati.
Questo per dirvi che non sapevo che cosa aspettarmi. Ma sapevo che l’argomento
scomodo della paura andava affrontato. Perché nel thriller Cellular, nei
cinema dal 29 aprile, la paura è protagonista. Kim è Jessica, una donna che,
senza sapere perché, si ritrova chiusa in una soffitta buia, con un
sequestratore che minaccia di uccidere lei e il suo bambino. Unica sua speranza,
un telefono di fortuna con cui chiama, a caso, il portatile (cellular,
appunto) di un ragazzo sconosciuto. La sua vita, e quella di suo figlio, sono
appese a quel telefonino dalla batteria quasi scarica...
Perché una madre che ha passato quello che ha passato lei si
tortura così?
Perché io nei film cerco questo. Qualcosa che racconti di me, e che sia vero.
Sono una mamma, capisco il terrore di vedere in pericolo il proprio figlio.
Volevo che la mia paura fosse vera. Ho chiesto a David (Ellis, il
regista, ndr) di non avere nessuno sul set, di non fare prove con Jason Statham,
l’attore che fa il sequestratore. E di non sapere che cosa sarebbe successo
nelle nostre scene insieme.
Come, scusi?
Quando io sento i suoi passi fuori dalla porta, sono terrorizzata davvero perché
non so che cosa mi farà. Se mi legherà, se mi picchierà − e le ho prese sul
serio − se mi dirà come vuole uccidere mio figlio.
Ma lei è un po’ masochista.
Il mio lavoro è questo.
A proposito di figli, paura e cellulari, Ireland ce l’ha il
telefonino?
Ci ho pensato, è una cosa che rassicura. Ma è troppo piccola: ha 9 anni.
Lei che mamma è?
Aiuto Ireland a fare le ricerche di scienze, e ne ha tantissime, neanche fosse
ad Harvard. Mi metto i vestiti che le piacciono. Vuole fare il veterinario e
così abbiamo 21 animali in casa (una villa fuori Los Angeles, ndr).
Diciamo che, da quando è nata, il mio cuore non mi appartiene più.
A questo punto, forse, avete capito abbastanza di Kim Basinger per non stupirvi
se vi racconto che il suo altro film in arrivo (bellissimo: titolo inglese
The Door in the Floor, uscita italiana entro l’anno) racconta la
storia di Marion, un’altra madre che, dopo la morte dei due figli maschi, entra
in crisi con il marito (Jeff Bridges), consola la disperazione con l’assistente
sedicenne di lui (Jon Foster) e si vede contendere la custodia della figlia
superstite.
Ancora una madre ferita al cuore. In più, la crisi coniugale e
la lite sulla custodia. Non si è chiesta se fosse il caso di fare un film dal
sapore così autobiografico?
La cosa non mi ha dato nessun fastidio. Anzi, ho accettato il ruolo proprio
per quello, perché sentivo di poterlo interpretare. Io e Jeff siamo genitori,
capiamo come la morte di un figlio possa squassare il matrimonio.
Lei, nel film, ha scene di sesso molto esplicite con il
giovanissimo Foster. E non ha usato controfigure.
Sì, e lui, poverino, ha una ragazza: l’avrà chiamata un centinaio di volte.
Scherzi a parte: per me l’amore, e il sesso, non hanno confini. Se una parte lo
richiedesse, potrei innamorarmi di un bambino, di un centenario, di un grillo o
di un asino. Il mio film preferito è Harold e Maude, la storia di un
ventenne e di una ottantenne. Trovo di una banalità insopportabile la
combinazione “uomo-anziano-donna-giovane”. Mi piace ancora meno la fissazione di
Hollywood sull’età. A 35 anni vorrebbero metterti da parte... Ecco perché siamo
tutte alla ricerca della nuova dieta, del nuovo modo di fermare il tempo.
Lei, per restare come la vedete, fa un’ora di tapis roulant al giorno, pesi ed
esercizi vari. Dice di essere più in pace con il suo aspetto oggi che 25 anni
fa. Ma questo non significa che sia in pace davvero
"Invidio voi italiani", racconta Kim, accompagnando questa confessione con il
suo sorriso radioso. "Avete un atteggiamento più naturale verso il cibo, il
sesso, il corpo. Per questo da voi 9 settimane e ½ andò così bene. Qui in
America, invece, mi ha molto penalizzata".
Rimpiange di averlo girato?
Per carità. È comunque il film che mi ha dato la fama e mi ha permesso di
ottenere quello che ho ottenuto poi. E comunque, tornando indietro, rifarei
tutto. Gli unici rimpianti sono per le cose che non sono riuscita, e forse non
riuscirò, a fare.
Per esempio?
Per una volta vorrei essere piratessa.
E che cosa sarà, invece?
Prima una donna rovinata dal gioco d’azzardo. Poi, nel thriller La
sentinella, la first lady. La moglie del presidente degli Stati Uniti che,
tradita da lui, lo tradisce a sua volta con un agente dei servizi segreti.
Che sarà interpretato da...?
Michael Douglas. Era ora che ci mettessero insieme. Avevo avuto l’occasione
con Basic Instinct, avevo rifiutato la parte. Si vede che non è mai
troppo tardi.
Nemmeno per un nuovo amore?
Nemmeno per quello. Per ora sono single, e non sono alla ricerca. Credo al
destino: se deve succedere, succederà. Ma non sono certo contraria all’idea. È
bello pensare che là fuori, da qualche parte, ci sia qualcuno per me. Resto
aperta alla vita.