Intervista di Paola Malaga
Le è mancato il cinema in questi anni?
Sì, ma mi sono divertita di più a fare la mamma. Quindi ci voleva un progetto davvero speciale per riportarmi sullo schermo. In realtà non ho mai pensato di abbandonare il mio lavoro: sono solo andata via per un po', mi sono occupata della mia vita privata, ne avevo bisogno. Adesso la parola chiave della mia vita è “chiarezza”. Ho una figlia, non ho tempo di occuparmi della mia immagine, e non mi interessa più. Sul lavoro, sono diventata più selettiva per forza e per scelta.
E cosa l'ha spinta ad accettare L.A. Confidential?
Innanzitutto il fatto che fosse un film molto centrato sugli attori, cosa rara a Hollywood, e che fosse tratto dal romanzo di Ellroy, cosa ancor più sorprendente per Hollywood. Io ammiro moltissimo Ellroy, soprattutto per American Tabloid, che trovo un libro di estremo coraggio e stupefacente per la scrittura. Così, quando Curtis Hanson mi ha chiamata, anche se non avevo letto ancora L.A. Confidential, ero entusiasta che dietro ci fosse un suo romanzo. Ma c'è un altro motivo, più personale: questo film era l'unico che mi riportasse ai tempi in cui ero bambina e vedevo con mio padre, spesso alla televisione, quel genere di film anni Quaranta e Cinquanta a cui L.A. Confidential si ispira. Naturalmente mi identificavo con il glamour delle dive, giocavo a imitarle, sognavo di potere, un giorno o l'altro, indossare abiti così eleganti, recitare dialoghi brillanti e tenere in scacco tutti. Quei personaggi femminili per me erano l'equivalente delle regine delle favole.
Ha rivisto molti noir per prepararsi al ruolo?
Sì, soprattutto quelli interpretati da Veronica Lake. Avrò visto Ho sposato una strega una ventina di volte da piccola, ma quel che ricordavo di lei erano solo i capelli color oro che le coprivano l'occhio. Rivedendola adesso in vari film ho scoperto che è stata una delle attrici più brave, affascinanti e sofisticate di Hollywood. Ha avuto una carriera tragicamente breve, anche perchè odiava Hollywood e mi piacerebbe che fosse riscoperta oggi.
Considera questo film una svolta nella sua carriera?
Più che una svolta, il passaggio ad una nuova fase. A Hollywood potresti anche essere un attore shakespeariano, ma se la tua etichetta è quella di sex symbol, nessuno ti offre ruoli alternativi. L'unica speranza sono i registi, quelli che hanno il coraggio di rischiare, s'intende. Bisogna cercare i registi, non i produttori, ed è quello che sto facendo.
Come è andata con Curtis Hanson?
Lui mi voleva a ogni costo e aveva molta più fiducia in me di quanta ne avessi io. Ho passato qualche ora con lui in una stanza tappezzata di foto di attrici e attori degli anni Trenta e Quaranta, e Curtis, prima ancora che accettassi, ha spiegato esattamente come pensava dovesse essere il mio personaggio. La sua risolutezza, le sue idee chiare e la bellezza della storia mi hanno convinto senza riserve. Sono uscita dal suo ufficio senza poter dire di no.